Ciclo di Seminari Etnografie del contemporaneo stringa

Webinar
Seminario permanente
Etnografie del contemporaneo
Donne, corpi, territori

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Palermo, 9 aprile/ 28  maggio 2021_ore 17     
Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino

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Venerdì 7 Maggio _ore 17
Isabella Pinto e Federica Timeto
Il femminismo è multispecie
 
 
 
 
 
Intervento di Isabella Pinto
Nel dispiegarsi di un momento storico tanto eccezionale quanto (im)prevedibile come quello attuale, a livello globale e planetario si affollano critiche alla narrazione dell'Antropocene quale Master's Narrative che occulterebbe le responsabilità e le soluzioni necessarie per arginare fenomeni come la sesta estinzione di massa, il sovrappopolamento del pianeta Terra e l'inasprimento delle disuguaglianze strutturali. Sulla scia di questo dibattito, dispiegheremo un percorso critico e creativo seguendo la meccanica della simpoiesi sottesa alle figurazioni tentacolari SF harawayane - symstorie, symbiografie e "storie del compost"-, e tracciando alcune connessioni con la "pratica della nominazione" e le "tecnologie del sé". In questo quadro, un primo obiettivo è ri-incarnare nei corpi i gesti del "leggere", dello "scrivere" e del "tessere", mostrandone le qualità transcorporali e neomaterialiste proprie dell'umanità come humus, invischiata nelle intra-azioni con il non-umano e più-che-umano. Secondo obiettivo del presente intervento è la costruzione di strumenti per visualizzare apticamente le relazioni tra l'umano e le alterità inappropriata/inappropriabile, come la forza intrusiva di Gaia, i legami affettivi tra umani e non-umani, i mondi feriti e pieni di guai con cui divenire-con in paesaggi più-che-umani, che la narrazione dell'Antropocene tende ad appiattire e omologare. D'altro canto, gli incontri rischiosi e vischiosi hanno il merito di mettere in crisi le narrazioni moderne e postmoderne, tradizionalmente articolate attraverso l'antropocentrismo, l'eccezionalismo umano, e lo scontro tragico tra differenze gerarchicamente dicotomizzate. Infine, terzo obiettivo del lavoro, è mostrare come le pratiche narrative multispecie siano strumenti indispensabili sia per visualizzare lo spazio impersonale non più come spazio vuoto da colonizzare, o spazio abbandonato da cui estrarre saperi, quanto piuttosto come spazio denso di forze, di relazioni ereditarie huantologiche, di entanglement tra umano, non-umano e più-che-umano; sia per rendere leggibili tutte quelle pratiche (politiche, artistiche, scientifiche) che rendono l'umano come humus capace/incapace di response-ability, capace/incapace di pratiche di cura continue, capace/incapace di vivere e morire bene su questo nostro pianeta infetto.
 
Isabella Pinto, Ph.D. European Label in «Studi Comparati: lingue, letterature, formazione», titolo conseguito presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata (2019), svolgendo diversi periodi di ricerca presso l'Università di Utrecht (Olanda). Dal 2017 al 2019 è stata coordinatrice del Modulo Arti del Master in Studi e Politiche di Genere dell'Università degli Studi di Roma Tre; dal 2020 è coordinatrice del Modulo Narrazioni.
Attivista del Teatro Valle Occupato, dei movimenti per i beni comuni e dei movimenti femministi, è attualmente ricercatrice indipendente, , e dramaturg. Si occupa altresì di campagne comunicative sui new media per quanto riguarda le discipline delle Environmental Humanities e dei Gender Studies.
Fondatrice dell'Atelier Narrazioni e animatrice dell'Atelier EcoPol (IAPh-Italia Associazione Internazionale delle Filosofe), è socia SIL (Società Italiana delle Letterate), fa parte della redazione di «Leggendaria. Libri, letture, linguaggi» e ricopre il ruolo di ambassador all'interno del Posthuman Italian Network.
Collabora con diverse riviste culturali e scientifiche tra cui «DWF», «Testo & Senso», «L'ospite ingrato», «O.B.L.I.O.» e «Narrative – The Ohio State University Press». Nel 2018 ha co-curato i volumi Women Out of Joint. Dopo Hegel, su cosa sputiamo? (La Galleria Nazionale) e Bodymetrics. La misura dei corpi. Quaderno Tre: crisi, conflitto, alternativa (EcoPol, IAPh-Italia). Nel 2020 è stato pubblicato il suo primo volume monografico Elena Ferrante. Poetiche e politiche della soggettività (Mimesis Edizioni).
 
 
 
Intervento di Federica Timeto 
Il confine fra umano e nonumano è una questione biopolitica intorno a cui l'ottica antropocentrica crea una complessa costellazione di soglie di speciazione, che organizzano le gerarchie di prossimità e distanza dall'umano. Da questo primo discrimine derivano a cascata tutta una serie di altre opposizioni, per esempio quella fra corpi propri e inappropriati, puri e impuri, visibili e invisibili, da proteggere o sterminabili, in cui il vivente è riassorbito nella trasparenza universale di una umanità non marcata. Varcare la soglia del postumano per il femminismo è stato spesso avvertito come una mossa rischiosa, nel timore di un allontanamento dalla dimensione incorporata, come in effetti accade nelle derive del transumanesimo, e della conseguente evaporazione dell'agentività necessaria alle politiche di resistenza e rivendicazione. Come intendere, dunque, questo passaggio in un modo che non sia privativo, ma al contrario affermativo per il femminismo, e al contempo disfarsi della narrazione lineare dell'Antropocene e delle sue appendici catastrofiche (dall' "in origine" al "mai più")? È possibile a patto di sottrarsi alla logica del dualismo oppositivo dell'umanesimo, ancora in azione quando si invoca un annichilmento a-umano dell'umano, che si traduce in soluzioni come quella dell'antinatalismo, per esempio, ma che può vestire anche i panni dell'accelerazionismo più sfrenato, e si vada piuttosto nella direzione di un ulteriore (e respons-abile) radicamento. Efficace correttivo a ogni uscita di scena, il femminismo dell'humus elaborato dall'ultima Haraway ci propone piuttosto di situarci ulteriormente, restare in contatto, invischiati nella complessità che si arricchisce dei nodi generativi di identità e alterità che non nascono, ma si fanno. Se quali storie raccontano storie conta, quali implicazioni hanno queste implicazioni conta altrettanto: figurazione della coemergenza e della coappartenenza, il compost come progetto politico significa, soprattutto, farsi carico della continuità multispecie, del divenire insieme che l'umano "normale", cioè l'umano che ha fatto di sé una eccezione, ha provato, invano, a recidere in ogni modo possibile, sottraendosi alla parzialità e alla vulnerabilità condivise: solo a partire dalla consapevolezza di una configurazione eterogenea del mondo possiamo farci carico della sua continua eterogenesi, attraverso legami di cura piuttosto che di nascita.
 
 
Federica Timeto è professoressa associata in Sociologia dei processi culturali e comunicativi (SSD SPS/08). Dopo la laurea, è stata Annual Visiting Scholar presso il Dipartimento di Women's Studies dell'Università della California a Berkeley, USA; ha poi ottenuto un Ph.D. in Aesthetics of New Media alla University of Plymouth, Faculty of Arts, School of Art & Media (con sede alla Nuova Accademia di Belle Arti NABA di Milano), e un dottorato in Sociologia della comunicazione e scienze dello spettacolo all'Università di Urbino "Carlo Bo".Ha insegnato per diversi anni Sociologia dei nuovi media all'Accademia di Belle Arti di Palermo, e occasionalmente nei programmi di Master alla NABA di Milano, nel Master di Studi e Politiche di Genere dell'Università "Roma Tre" e nel Master di Design Technology for Fashion Communication dell'Università di Bologna. I suoi interessi transdisciplinari comprendono gli Studi culturali e visuali, la Sociologia delle arti visive e dei nuovi media, gli STSs, il cyber- e tecno-femminismo, i Critical Animal Studies. Ha svolto ricerca sui media locativi studiando con metodi qualitativi le performance geolocalizzate dell'identità, e la collocazione e la mobilità negli ambienti mediali. I suoi attuali filoni di ricerca riguardano la sociologia animale e le relazioni sociali interspecie, le relazioni tra agenti umani e non umani, macchine e animali, nei tecnospazi contemporanei, l'arte delle donne e la società in una prospettiva femminista, le politiche della rappresentazione.Da anni studia il pensiero di Donna Haraway, alla quale ha dedicato numerosi saggi, accademici e non. La sua monografia di prossima pubblicazione, Bestiario Haraway. Per un femminismo multispecie (Mimesis, 2020) è dedicata alla teoria harawaiana delle specie compagne e degli animali nonumani come agenti sociali. Ha pubblicato Diffractive Technospaces. A Feminist Approach to the Mediations of Space and Representation (Routledge, 2015) e curato Culture della differenza. Femminismo, visualità e studi postcoloniali (Utet Università, 2008); Con Marco Santoro ha curato l'edizione italiana di Sociologia digitale di Deborah Lupton (Pearson 2018). Ha partecipato a numerosi convegni internazionali e nazionali, e pubblicato su riviste come First Monday, Feminist Media Studies, Sociologica, Studi Culturali, e sul blog collettivo della Technoculture Research Unit (TRU). Svolge regolarmente attività di peer review per riviste nazionali e internazionali. È membro del gruppo di ricerca interdisciplinare TRU, sorto all'interno del Centro di Studi Postcoloniali e di Genere dell'Università di Napoli L'Orientale, della redazione della rivista Studi Culturali e della rivista antispecista Liberazioni.
 
 

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Info: 091.328060
 
 
 
 
 
 
I PROSSIMI APPUNTAMENTI 
 
 
Venerdì 14 Maggio _ore 17
Marie Moise
Donne, razza e classse: alle radici dell'intersezionalità
 
Venerdì 21 Maggio _ore 17
Maggio Rachele Borghi
Esercizi di decolonialità di una femminista bianca
 
Venerdì 28 Maggio _ore 17
Elvira Vannini e Eliana Como
Il femminismo nell'arte contemporanea:
immaginari contro-egemonici al tempo del capitalismo patriarcale
 

 

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