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2020 locandina mostra Bonsignore

Mostra
Giuseppe Bonsignore. Devozione e memoria
Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino 

 

 

 

Dopo una lunga interruzione dell'attività culturale e teatrale dovuta all'emergenza Covid-19, il Museo delle marionette riapre le porte al suo pubblico. Dal 2 agosto sarà finalmente possibile visitare la mostra Giuseppe Bonsignore. Devozione e memoria realizzata in collaborazione con Osservatorio Outisider Art, a cura di Eva Di Stefano e Rita Ferlisi. 

Giuseppe Bonsignore, per l'intensità del suo linguaggio poetico e della sua dimensione esistenziale "brut", si può certamente annoverare tra gli outsider siciliani. In questo breve percorso espositivo si privilegiano due delle dimensioni fondanti della sua arte, tra loro intrinsecamente legate: il misticismo, che lo conduce a immaginifiche sacre rappresentazioni di santi e figure divine della cristianità, e la storia e i simboli di Palma di Montechiaro, la città amatissima nella quale visse profonde affezioni verso luoghi e persone; il suo viaggio esistenziale si nutre di inusitate rivelazioni e di immagini poetiche, di archetipi che toccano corde profonde dell'inconscio: il maschile, il femminile, il materno (spesso interpretato in maniera sacra, come nell'Annunciazione) sentimenti elementari e limbici quali la paura, la rabbia, la quiete. Questi sono spesso incarnati da figure animalesche; la violenza parossistica dei Tori, animali reali, mitici, fantastici che dal Minotauro a Picasso si sono prestati a innumerevoli simbolismi.
Bonsignore popola il proprio universo di compagni immaginari ma talmente vividi da diventare reali nella sua mente, e fortemente evocativi ai nostri occhi: l'umanità sbandata e grottesca dei Giocatori di Dadi, e di contro Gesù con gli apostoli nel grande dipinto Ultima cena, in cui la spontaneità e l'assenza progettuale compensata da una irrefrenabile coazione a dipingere rendono casuali i numeri degli "apostoli" e i colori delle vesti, suscitando nello spettatore un involontario senso di mistero. Così la Crocifissione Verde, in cui l'aspetto di Cristo è decisamente femminile; se questa curiosa circostanza evoca in questo momento storico luttuosi fatti di cronaca legati alla condizione femminile martoriata, probabilmente per l'artista questa assonanza fu dovuta alla capigliatura lunga e fluente dei numerosi, splendidi crocifissi secenteschi venerati negli incomparabili edifici sacri di Palma di Montechiaro.

Il suo immaginario appare fortemente suggestionato sia dall'importante patrimonio artistico barocco della città, sia dal mistero della clausura dell'impenetrabile Monastero del SS. Rosario, a cui dedica più di un'opera, e dal suo fondatore agli inizi del XVII secolo, il Duca Santo, Giulio Tomasi, che ritrae con tecnica divisionista, e nel quale non fatichiamo a immaginare l'artista stesso, oltre a riconoscere il famoso dipinto secentesco che proprio nel Monastero mostra le fattezze del nobile signore. Non poteva mancare una sorprendente interpretazione materica, fatta di materiali di risulta, carta e vernici, del Gattopardo, metafora schiacciante di un universo letterario e umano che ancora oggi, pregnante si respira nella città natale dell'artista.

 

Giuseppe Bonsignore. Nasce a Palma di Montechiaro il 3 luglio 1921. Artista autodidatta, frequentò la scuola fino al ginnasio, e al sopraggiungere del secondo conflitto mondiale prestò servizio come bersagliere in diverse città del nord del paese. Dopo gli orrori vissuti durante la guerra, in seguito all'armistizio dell'8 settembre subì dei traumi fisici da parte dei soldati tedeschi in precipitosa ritirata dall'Italia. Le cicatrici lo segneranno per il resto della vita, tanto da essere ricoverato prima presso l'Ospedale Psichiatrico Provinciale di Gorizia e in seguito ricondotto dai propri familiari in Sicilia, presso l'Ospedale Psichiatrico di Agrigento, per i continui e costanti segni di squilibrio che cominciò a manifestare con sempre più frequenza. La perdita della madre, a cui era molto legato, peggiorò il suo stato emotivo e intraprese un percorso esistenziale eccentrico esplicitandolo nel suo abbigliamento stravagante, nella sua vena artistica e canora che lo portava, incurante degli scherni e delle burle, a esibirsi danzando per le strade del paese.
Dopo un breve soggiorno in Germania, dove il marito della sorella si era prodigato a trovargli una occupazione, ritornò precipitosamente alla sua Palma di Montechiaro, l'unico luogo fisico che riteneva rassicurante e terapeutico, teatro e soggetto di molte delle sue creazioni artistiche e pittoriche. Girovagando per le vie del paese era solito raccogliere materiali di recupero a lui consoni per esprimere la sua creatività, dalle cassette da frutta scomposte e riutilizzate, a brandelli di sacchi di iuta e di stracci, da ritagli di plastica a vere e proprie tele, acquistate da potenziali compratori interessati alla sua arte. La condizione di indigenza, condivisa con la moglie Ida Cacciatore sposata nel 1982, lo portava spesso a barattare in cambio di un pasto caldo le sue creazioni. Muore ad Aragona l'8 dicembre 2006, in una casa di riposo, dove era stato ricoverato insieme alla moglie per le precarie condizioni di salute.

 

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La mostra è visitabile nei giorni e orari di apertura del Museo: 
domenica e lunedì dalle 10.00 alle 14.00. Da martedì a sabato dalle 10.00 alle 18.00
Info 091.328060

 

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